“Spazi del tempo e luoghi della luce”
A cura di Massimo Pirotti (progetto MaterManto)
Dal 16 al 30 dicembre
Galleria MAD Via Cavour 59 Mantova di Lucia Quasimodo info 3358234533
I TADINI di Renzo Margonari
La Nuova Cronaca di Mantova
Venerdì 19 gennaio 2024
Grande arte alla MAD
I TADINI
di Renzo Margonari
In questa pagina ho talvolta ricordato come negli anni Sessanta fino alla prima metà dei Novanta, Milano fosse la capitale artistica d’Europa, oltre che del mercato dell’arte. In quegli anni l’arte italiana ebbe un’impennata verticale e le opere e gli artisti di spicco erano conosciuti in tutto il mondo. Da Parigi e da New York si veniva a Milano. Vennero Pollock, Rauchemberg, Litchenstein, e così via, quando Warhol era solo uno dei tanti; Aillaud, Raysse, Hartung, Kusama, a dire alla rinfusa solo i primi che sovvengo. Emersi dal Nuclearismo e dallo Spazialismo, si erano affermati Romagnoni, Recalcati, Baj, Dangelo, Peverelli, Adami, Roberto e Luca Crippa, Dova, Scanavino, Cappello, e altri, su tutti l’attivismo di Fontana. Molti si ispiravano al Surrealismo che in Francia era quasi dimenticato, ma in Italia era visto con molto interesse.
A Milano in Via Manzoni, tra la Galleria Cardazzo e la Galleria Schwarz in Via Spiga, passeggiavano alcuni leggendari protagonisti del Surrealismo internazionale, quali Ernst, Masson, Duchamp, Man Ray, Brauner, Henry, D’Orgeix, Harloff, Matta, Jorn, Lam, Giacometti, e Hartung, Mathieu, Hsiao Chin... Avevo da poco dismesso i calzoni corti e li guardavo con ammirazione estatica come apparizioni, cercando di avvicinarli. Così divenni amico di Henry, Harloff e di Matta.
Nel frattempo, si era affermata un’altra compagine di artisti più giovani, mentre nasceva il mito del design e della moda. La situazione era capeggiata in scultura da Alik Cavaliere e in Pittura da Enrico Baj e da Emilio Tadini (Milano, 1927 – 2002) che reputo la cuspide brillante della cultura milanese negli anni Settanta e Ottanta. Giornalista, romanziere, drammaturgo e poeta, duro e acuto critico d’arte e letterario, di vasta cultura umanistica, teneva anche una rubrica letteraria televisiva. Eravamo amici e sodali del gran poeta Roberto Sanesi. Poiché non sarebbe stato possibile essere indifferenti alla sua intelligenza proteiforme, Tadini divenne presto celebre anche per il suo portamento, a testa alta, sempre concentrato.
All’epoca, pure lui era discriminato come pittore per essere anche un critico, ma soprattutto invidiato per svolgere questi lavori con la stessa superiore competenza ed efficienza. Peggio per me, che ero considerato “troppo giovane” per meritare approvazione sia da pittore che da critico. Avevo dieci anni meno di lui. Allora, Emilio mi concesse di scrivere la presentazione per una sua mostra. Nella sua pittura iniziale, è evidente l’attenzione al Surrealismo in fusione con le avanguardie storiche dell’inizio Novecento.
Alcuni suoi dipinti sono stati esposti alla Galleria MAD di Lucia Ghirardini (via Cavour, 59) in una mostra probante, curata da Massimo Pirotti, in corso dal 16 al 30 dicembre 2023, mostra che non intendeva essere comparativa, ma certamente utile, istituendo l’attenzione alle fotografie di Francesco Tadini, che si muove nella foto qui accanto, ancora bambino, mentre compie un attentato a un mio dipinto. Qui non posso commentare le opere di Emilio per cui mi servirebbero molte pagine monografiche.
Francesco ora è un pregevole artista- fotografo con una spiccata personalità espressiva, regista teatrale e televisivo. Francesco Tadini ha forse ricevuto da Emilio, l’intelligente capacità di manipolare l’immagine inserendovi plurime suggestioni, ma anche la giusta idea che la tecnica impiegata in un’opera d’arte rappresenti inequivocabilmente la poetica dell’artista. Infatti nell’intuire la filogenesi della sua forma estetica non si può ignorare l’origine del suo modo figurativo, con l’irruzione spinta dei volumi verso l’esterno, sorgenti dal vuoto diretti verso una luce fisica che rammenta, col geometrismo appuntito dal riflesso luminoso, le fotografie delle avanguardie costruttiviste russe, con una definizione consistente, ma radicalmente misteriosa di rarefazioni neometafisiche. Anche per commentare l’opera di Francesco servirebbero più pagine. Francesco dimostra una vastissima cultura specifica alla fotografia non solo nella ricerca di una originalità iconografica ottenuta con una particolare tecnica nell’esecuzione del fotogramma e della postproduzione, ma anche nel rapportarsi con la storia della fotografia che nei suoi oltre cento anni di affermazione ha acquistato il censo di linguaggio autonomo ma sempre correlato alle coeve sperimentazioni della Pittura.
Sicché Francesco, pur avendo inevitabilmente nel suo DNA -ma credo più all’educazione acquisita naturalmente frequentando fin da piccolo il mondo dell’arte-, una straordinaria capacità nell’organizzare le forme e nell’accordare i toni quando impiega il colore (certe foto sembrano virate senza esserlo, sembrano frammenti di ricordi futuristi), così come un’idea di “movimento statico” tanto caratteristica nella pittura di suo padre, non corre certo il rischio di passare come “figlio d’arte”.
Invece, è diversamente geniale, a partire dalla scelta dello strumento espressivo, la fotocamera, che dopo l’avvento degli smart phone e del digitale è ormai lo strumento più diffuso per comunicare immagini, sostituendo -a quanto dicono gli allarmati esperti- perfino la scrittura. Le fotografie di Francesco Tadini si distinguono ancora per l’attenzione compositiva rigorosamente classica, e per la peculiarità tecnica, per l’effetto suggestivo dei profili chiaroscurali disegnati nettamente e che rendono un esito estetico davvero unico e coinvolgente.
Soggetti quotidiani, appaiono sorprendenti, fermando l’istante di un atto sublime come un passo di danza e immerse in una incipiente luce innaturale ai confini del buio. L’arte, si sa, è inspiegabile, ma credo che ogni Mantovano possa capire facilmente il senso e l’intensità dell’opera di Francesco Tadini anche solo guardando la sua veduta ricreativa e magica di Piazza Santa Barbara.
Si è svolta Sabato 16 dicembre 2023 l'inaugurazione della Mostra “Spazi del tempo e luoghi della luce” che vede esposte le fotografie di Francesco Tadini e quadri, acquerelli e serigrafie di Emilio Tadini, in un affascinante dialogo tra figlio e padre, tra fotografia e pittura.
La Mostra, a cura di Massimo Pirotti - anche compositore del progetto Matermanto music for fine art - mette in dialogo padre e figlio, pittura e fotografia.
L’eredità artistica di Emilio Tadini, figura dallo spiccato eclettismo, pittore, scrittore, saggista, e storico dell’arte che ha segnato il novecento attraverso la sua poliedricità è raccolta dal figlio Francesco, fotografo, regista televisivo e di teatro, fondatore e animatore di PhotoMilano che insieme alla moglie Melina Scalise ha istituito la prestigiosa Casa Museo Spazio Tadini, luogo intitolato all’artista milanese dove passato presente e futuro convivono grazie ai numerosi eventi culturali che ospitano. La loro poetica per quanto diversa dal punto di vista del linguaggio è intrisa di spazi dove la luce si insinua creando nuove architetture che non sono quelle di una memoria realmente vissuta, ma di un intelletto florido e visionario che supera i limiti spazio temporali e oltrepassa i confini della mente per manifestare nuove e universali simbologie. I surreali e oscillanti edifici di Emilio Tadini e le impressioni gestuali dell’obiettivo di Francesco Tadini rivelano spazi del tempo e luoghi della luce. Una mostra che denota la naturale continuità di una famiglia dedita all’approfondimento del loro codice espressivo nelle sue differenti e seducenti sfaccettature.
Spazi del Tempo
Emilio Tadini
Modulari strutture che varcano i confini della mente attraverso universali pennellate, personaggi che si catapultano negli spazi dove la realtà non si contempla, architetture e magiche creature che osano fluttuare nella più sconfinata invenzione spazio-temporale, prendendosi gioco delle leggi della fisica. Nella pittura di Emilio Tadini gli spazi e le distanze sono lo scenario dove movimenti e fluttuazioni alimentano il nostro sapere che non si nutre di meri concetti ma di azioni e percezioni. Nel suo mondo visionario possiamo intuire vicissitudini di fiabesche figure che si trovano a loro agio in queste improbabili città abitate da parole e immagini che rivelano il nostro inconscio più recondito. Come fossero testi destrutturati Tadini scompone le opere grazie alla sua coinvolgente poliedricità culturale che denota una forte riflessione critica inizialmente criptica agli occhi di un neofita in quanto troviamo nella sua pittura i segni indelebili del suo sé di scrittore come del resto troviamo il Tadini pittore nelle sue opere letterarie. Il suo è un percorso semiologico dove il distacco e la ricerca dell’altrove sono la metafora di una possibilità, per incontrare ciò che è nuovo e diversamente interpretabile. Le sue suggestioni, alimentate nei vari cicli pittorici dove tutto sembra sospeso, hanno generato opere di memoria letteraria e artistica che parlano e ci costringono dolcemente all’immaginazione mediante i numerosi collegamenti neuronali del sapere.
Luoghi della luce
Francesco Tadini
Sono innumerevoli le metamorfosi che percepiamo se socchiudiamo gli occhi, le sue visioni fotografiche sono l’anticamera dell’inconscio che genera nuove architetture che si collocano in perfetta simbiosi con le sagome umane, esse diventano parte integrante della scenografia. Sono racconti poetici che sembrano fissare quel momento preciso dove lo spazio/tempo esula dalla nostra realtà e viene contemplato nei nostri sogni. La fotografia di Francesco Tadini ricostruisce il perenne mutamento del movimento spaziale della luce; il gesto tecnico che compie durante lo scatto si materializza con una delicata enfatizzazione di un bagliore mai statico. Le sue realizzazioni sono la risultante di un perfetto connubio di due differenti visioni quelle della macchina fotografica e quelle dell’uomo. Queste enfatizzazioni visive ci proiettano in un salto quantico perenne dove ogni soggetto o luogo rappresentato si reinventa con nuove possibilità interpretative grazie ai dinamici quanto imprevedibili movimenti della luce che enfatizza un nuovo mondo che rinasce di continuo per creare veri e propri luoghi luminosi.
תגובות